Casa Michelis - Tutta un'altra pasta

Graziella

Graziella
4 Dicembre 2018 Elisa Meineri
La rivista

Nel momento in cui moderazione e la gentilezza si uniscono alla forza, la forza diventa irresistibile. 
(Mahatma Gandhi)

 

Come in una pellicola in bianco e nero, in cui la realtà, per sottrazione, diventa nitida e potente da sembrare irreale, così le parole di Graziella hanno reso talmente materico il racconto della Michelis di un tempo, da restituirci un piano sequenza cinematografico.
Al centro della narrazione, puro concentrato di espressione e concretezza, ecco questa donna di Langa, schiva e autentica, che non conosce orpelli.
Il luogo e il tempo sono quelli di un grande amore, alimentato dalla quotidianità di lavoro e quattro figli, in una Mondovì ridente davvero.
Graziella è stata motore e regia dell’azienda che ora porta nel mondo il cognome dei suoi “ragazzi” Cristina, Marco, Gian Luca, Mario e di Egidio, marito di una vita intera.

  • Qual è l’inizio della storia? Ci racconta?

G: Abbiamo aperto un negozio di gastronomia. Mio suocero aveva un’osteria e io, che venivo dalla Langa, avevo piacere di far conoscere i ravioli e i tajarin che la mia mamma preparava tutte le settimane. Abbiamo iniziato così, a fare la pasta.

Sorride, Graziella, e parla di una straordinaria intuizione imprenditoriale con la naturalezza di chi bada al sodo, senza la minima sfumatura di vanità.

G:Prima facevamo i ravioli a mano, poi abbiamo comprato la macchina ed è cambiata la vita. Ricordo ancora lo stupore di vedere un fiume di ravioli.

  • Com’era la giornata di Graziella ed Egidio?

G:Mio marito andava in giro a consegnare, io prendevo gli ordini, impastavo, cucinavo. Lui mi aiutava, ma quando doveva andare, andava, ed io continuavo con la produzione. Copriva in macchina tutte le zone turistiche monregalesi già i primi tempi: Prato Nevoso, Garessio e poi Ceva, Carrù… C’eravamo solo noi due. Spesso si lavorava tutta la notte.

  • E i bimbi?

G:C’era una finestra in laboratorio che dava su un cortile, chiuso da un cancello. Li guardavamo giocare. A volte prendevano la farina, ci imitavano, insieme agli amichetti. Abitavamo in un rione con tantissimi bambini: avevano sempre compagnia. La porta del laboratorio andava su in casa. Nelle ore libere li aiutavamo con i compiti. Erano bravi. Tutti e quattro.

  • Qual è il segreto? Com’ è riuscita a gestire tutto?

G:Organizzazione, credo. Ero organizzata per forza. Non so… a volte mi chiedo come ci sono riuscita… non ho una risposta. Ho lavorato fino all’ultimo giorno prima di partorire. Chissà… Vengo dalla Langa, le donne di Langa sono toste, la tempra è buona. E poi, c’era magna Dina. Quando è nato Mario, la zia arrivava il mercoledì sera e ripartiva il sabato mattina. Abitava ad Albisola. D’estate i ragazzi andavano da lei al mare. Ci ha aiutato tanto.

  • Di cosa profumava il laboratorio Michelis?

G:Di pasta, innanzitutto. Eravamo anche una gastronomia: preparavo tante lasagne e gnocchi alla romana.

  • E la pasticceria?

G:Facevamo le torte di mele. Egidio ogni volta che andava nelle vallate, tornava a casa con dei biscotti buonissimi, comprati in panetteria, così ho tirato fuori la ricetta dal cassetto di famiglia e abbiamo iniziato a prepararli anche noi.

  • Graziella, tutti i Suoi verbi sono declinati alla prima persona plurale. Com’ è nato questo grande amore?

G:Mio fratello era socio con Egidio in un negozio di gastronomia a Loano. Hanno insistito tanto che io andassi là a dare una mano. Ci siamo conosciuti e da lì…non ci siamo lasciati più.

  • Com’erano Graziella ed Egidio imprenditori?

G:Decidevamo tutto insieme. Ci sedevamo uno di fronte all’altra e prendevamo le decisioni.

  • Quando avete deciso che voi due non bastavate più?

G:Abbiamo dovuto allargarci perché non ci stavamo; arrivavano sempre più ordini. Ci siamo spostati da via del Tiro a Segno, abbiamo preso una ragazza e un ragazzo. Poi è diventato piccolo anche lì e ci siamo trasferiti in via Vigevano.

  • Che effetto Le fa vedere i prodotti Michelis tradotti in tutte le lingue del mondo?

G:Bellissimo. Pensare che siamo partiti in due…

  • Eravate in due: tutti gli uffici di oggi in pochi metri quadrati

G:Sì. Il telefono squillava accanto a dove preparavo la pasta. C’era anche lo spaccio; poi, quando abbiamo iniziato a lavorare tanto, il negozio l’abbiamo chiuso. Facevamo un po’ di più di cosa ordinavano. Egidio, se avanzava della pasta, se la caricava in macchina e andava dai clienti. Tornava sempre la sera con la macchina vuota. Era un momento buono.

  • Il momento era buono, ma soprattutto voi eravate un passo avanti agli altri.

Graziella abbassa gli occhi e scuote la testa.

G:Vi faccio vedere come impacchettavo i ravioli.

Eccola, questa donna di Langa, che risponde con la concretezza di un gesto ripetuto mille volte negli anni.

  • Qual era il periodo dell’anno in cui faceva più pacchetti?

G:Il periodo più intenso era fra Natale e Capodanno. Gli altri uscivano nelle sere di festa e noi restavamo a lavorare. Stavamo sempre insieme. Dal mattino alla sera insieme a lavorare.

  • E come si fa? A stare sempre insieme per una vita?

G:Bisogna accettare un po’ dall’uno e dall’altro; ci vuole amore, pazienza, voglia di costruire. E poi ci sono i figli, che sono tutto quanto.

  • E quando avete lasciato il testimone ai figli? Come sono diventate le vostre giornate?

G:In pensione, mio marito aveva l’hobby di venire qui in azienda. Io sono ancora tornata qualche volta, ma ho preferito fare la nonna.

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