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Studio Potter: l’artigianato è un affare di famiglia

Studio Potter: l’artigianato è un affare di famiglia
30 Agosto 2018 Elisa Meineri
La rivista

non ci sono parole per descrivere la gratitudine che si prova quando il fuoco restituisce i vasi ancora caldi” Adriano Antoniacomi

sono esterefatta di come quest’uomo possa trasformare quattro sacchi di terra in teiere, ciotole e brocche” Laura Novarino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo un debole per gli artigiani, si sa.

L’appuntamento con la Mostra dell’Artigianato Artistico di Mondovì è segnato in stampatello sul calendario dell’ufficio e, nell’anno in cui la kermesse festeggia le 50 estati,  abbiamo deciso di incontrare due giovani ceramiste che a malapena raggiungono anagraficamente un quarto di secolo.

Per Chiara e Stefania la ceramica è l’alfabeto di famiglia. La loro è un’infanzia di lunghe estati in una grande casa a San Lorenzo di Peveragno, in cui abitano tre generazioni. Ai nascondigli improvvisati per confondere i richiami all’ordine dei nonni, alternano il loro passatempo preferito: il gioco creativo con la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco.  Oltre la lavanda e gli infissi verdi che custodiscono le ricette della domenica, infatti, c’è lo spazio magico degli zii, che si può intuire in punta di piedi e con il naso incollato ai vetri.

 

Lo Studio Potter nasce nel 1983, dall’amore viscerale per Laura e per la terracotta di Adriano, che sceglie di mettere radici ai piedi della Bisalta, dopo aver collezionato i tramonti di India, Pakistan, Iran, Nepal, Australia e Nuova Zelanda. Costruisce tutto da sé: prima un forno con mattoni refrattari e uno in fibra ceramica, due bruciatori e una termocoppia e poi un tornio a pedale.

Chiara, classe 1993, quando conquista il permesso di entrare nel laboratorio, dimentica di fare merenda a forza di creare gioielli con la creatività vulcanica di bimba.  Consuma interi pomeriggi ad indovinare l’alchimia del forno che invece di bruciare, trasforma i lavoro degli zii in tazze per il tè dell’autunno.

  • Chiara, la passione per la ceramica è una questione di DNA?

C:  credo abbia più a che fare con l’osmosi.  Ho respirato ceramica da quando sono nata.

  • Cosa serve per farne un mestiere, oltre al talento?

C: tanto tanto allenamento.

 

  • Quanto c’è di Laura e Adriano nella firma di Chiara?

C: Adriano mi dice sempre che questo mestiere l’ha avuto in regalo: “ i manici li faccio così perché è più pratico”. Parto dalle loro forme, le copio. Partire da zero per creare un bicchiere è difficile.
Il materiale è tutto di Laura e Adriano, la mia firma è soprattutto nelle decorazioni: lo smalto, la scelta dei colori sono l’espressione concreta della mia creatività.
Avendo studiato architettura, mi scopro tanto geometrica, e in questo, ad esempio, sono molto distante da zia Laura.

  • Negli anni, alla Mostra dell’Artigianato, ti abbiamo vista crescere nello Studio Potter. Ricordo quando Laura mi mostrava orgogliosa i tuoi primi lavori nello stand; ora tu e Stefania siete qui a raccontare il mestiere di famiglia

C:  siamo giovani, abbiamo più entusiasmo nel partecipare a una fiera. Ci piace proprio, coltiviamo le amicizie con gli altri artigiani. Gli zii non vedevano l’ora di cederci questa incombenza.

Stefania ha studiato storia medioevale. Ha gli occhi che si illuminano nel descrivere la sua quotidianità di insegnante, felicemente precaria.  Quest’anno non si perde un giorno della Mostra ed è un po’ dispiaciuta per la poca presenza di ceramisti.

  • Stefania, i tuoi ricordi di infanzia hanno lo stesso colore di quelli di Chiara?

S: Sì. A San Lorenzo, il gioco, di estate in estate, diventava passione: da bambine la terra da manipolare, poi i primi approcci con lo smalto, il forno e finalmente il tornio. La meraviglia dello Studio Potter è la potenza del processo artigianale in tutte le sue fasi: la ricerca per trovare la terra giusta, la perfetta combinazione degli smalti, la cottura. Sono aspetti che fino a pochi anni fa davamo per scontato.  Ora capiamo che mettendo un pezzo in un angolo del forno o in un altro, il risultato può cambiare radicalmente.

 

  • Quanto conta la sperimentazione per te?

S: la sperimentazione nello Studio Potter ha origine sempre da una base. Gli zii ci coccolano con i consigli. Il “secondo me non funziona” ti salva dallo sbagliare clamorosamente. Siamo cresciute come ceramiste in un ambiente protetto.

 

  • Secondo voi fare questo mestiere è ancora possibile? C’è speranza per un artigianato d’eccellenza?

C: c’è un ritorno alla ricerca di prodotti fatti a mano che hanno una storia, o meglio, che raccontano la storia di qualcuno che li ha creati. Vedo mercatini a Torino molto frequentati.  Le nuove generazioni stanno esercitando il gusto del manufatto artigianale.

S: i nostri genitori appendevano i piatti della Besio al muro; concepiscono ancora oggi il pezzo di ceramica come oggetto da esposizione. Nei giovani vedo la percezione del manufatto come oggetto quotidiano.

C:  quando qui in fiera mi chiedono se i piatti sono da appendere, rispondo decisa “no, ci puoi mangiare!” Mi spiace immaginare una nostra brocca su una mensola. Voglio che i nostri oggetti  si conquistino un utilizzo nelle case.  Il momento più bello della vendita è quando qualcuno mi dice “questa tazza è perfetta per me, per come faccio colazione”.

 

Noi, le scodelle dello Studio Potter le usiamo per ogni ricetta di Casa Michelis. Ne abbiamo una collezione costruita pezzo per pezzo ad ogni edizione della Mostra dell’Artigianato.

I bicchieri di Laura e Adriano sono quelli che scandiscono la quotidianità dei pranzi e delle cene in famiglia, non sono le ceramiche dei giorni di festa. Prova ne è che Riki, il nostro musicista preferito, incalza sempre “quando mi inviti a mangiare un piatto di ravioli e a bere l’acqua nei bicchieri barattolo?”

 

 

 

1 Commento

  1. Laura 6 anni fa

    Anche io ho il privilegio di mangiare in queste ciotole, né ho regalate ai miei figli un Natale di tanti anni fa. Grazie!

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